Come riconosciamo una buona pizza? In commercio troviamo diversi tipi di pizza e a seconda del posto dove la prendiamo o di quella che scegliamo troviamo un impasto differente, che si può presentare soffice o spugnoso, oppure elastico o croccante. Queste diverse caratteristiche non dipendono solo dal tipo di cottura o dal lievito utilizzato, ma anche dal mix di farine usato per fare l’impasto. Infatti le farine non sono tutte uguali!
Tra le caratteristiche da valutare nella loro scelta è presente il grado di abburattamento. Con questo termine si intende la “raffinazione” che subisce il chicco di cereale, ossia la percentuale di chicco utilizzata per una determinata farina.
I cereali infatti non presentano una struttura omogenea. Il chicco frumento, ad esempio, è composto da diversi “strati”, ognuno con le sue caratteristiche nutrizionali:
La parte interna contiene prevalentemente amido e proteine.
Il germe è invece ricco di nutrienti come lipidi, vitamine ed enzimi.
Mentre la parte esterna del chicco, chiamata anche crusca, è ricca di fibre e micronutrienti.
Attraverso la macinazione il frumento viene trasformato in farina e successivamente può essere fatto passare attraverso dei setacci a maglie differenti, subendo per l’appunto il processo di abburattamento. In questo modo si effettua la separazione dalla parte più esterna del chicco e si ottengono delle farine più o meno raffinate, che a livello legislativo possono essere suddivise in tipo 00, 0, 1, 2 e integrale.
Se il chicco, una volta macinato, non viene sottoposto a setacci mantenendo la sua integrità, la farina viene definita integrale. Se invece subisce un lieve processo di abburattamento, si ottengono le farine semi-integrali di tipo 2 e 1. Infine, le farine che vengono completamente private delle parti esterne del chicco sono le più raffinate e vengono definite di tipo 0 e 00.
Perciò le farine che hanno subito un maggior abburattamento sono bianche e soffici e particolarmente ricche di amido. Viceversa, le farine ottenute da un lieve o nullo processo di setacciatura sono più scure e presentano una maggiore quantità di fibre, vitamine, proteine, grassi ed enzimi, sostanze contenute tutte nella parte più esterna del chicco.
Anche la forza di una farina è un parametro importante nella scelta della farina per la pizza, in quanto rappresenta la sua capacità di assorbire i liquidi durante l’impasto e trattenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. Questa caratteristica è data dalla presenza di alcune proteine, in particolar modo di quelle che, una volta venute a contatto con l’acqua, formano il glutine. Le farine con un indice di forza basso non sono adatte alla panificazione dal momento che non si otterrebbero impasti lievitati, per questo andrebbero mischiate con quelle più forti, ottenendo un mix di farine più idoneo alla lievitazione.
Si possono differenziare infine in base al tipo di cereale o pseudocereale. Oltre alla classica farina di frumento, possiamo trovarne altre sul mercato, come quelle di farro, segale, orzo, miglio, avena, mais e tante altre. Ognuna possiede delle caratteristiche nutrizionali differenti.
La farina di frumento ad esempio, a seconda del grado di abburattamento, è più o meno ricca di nutrienti ma in ogni caso, grazie al suo alto indice di forza è la regina degli impasti per le pizze.
La farina di mais è naturalmente priva di glutine (così come quella di grano saraceno), per cui è adatta a chi soffre di celiachia, tuttavia è ricca di amido e povera di proteine.
Quella di orzo è un’ottima fonte di nutrienti come vitamine, sali minerali, fibre e proteine, tuttavia presenta un debole grado di panificazione, per cui andrebbe mischiata con farine più forti.
La farina di farro invece è ricca di proteine ed è adatta alla panificazione, mentre quella di avena è un’ottima fonte di fibre.
Per quanto riguarda il famosissimo Kamut, invece, non possiamo dimenticare che ci stiamo riferendo ad un marchio registrato. Questo cereale proviene in realtà dall’Iran e il suo nome generico deriva proprio dalla regione iraniana Khorasan. Tuttavia per poter utilizzare la denominazione Kamut, essendo un marchio di qualità, dev’essere prodotto solo da agricoltori che fanno capo all’azienda proprietaria del marchio e che operano attraverso metodi BIO nelle pianure del Montana. Per cui, prima di arrivare sulle nostre tavole, ha sicuramente attraversato l’oceano.